La chiesa di Santa Maria della Croce è uno dei più antichi ed importanti edifici paleocristiani in Italia,
nota soprattutto per i suoi mosaici absidali.

Chiesa Santa Maria della Croce Casaranello

Chiesa di Santa Maria della Croce – Casaranello

CENNI STORICI

La chiesa di Santa Maria della Croce è uno dei più antichi ed importanti edifici paleocristiani in Italia. Essa è nota soprattutto per i suoi mosaici absidali, i quali, fin dall’inizio dello scorso secolo, hanno attirato l’attenzione di studiosi come Haseloff, Bartoccini, Trinci Cecchelli e Falla Castelfranchi. Secondo alcune ipotesi, il primo nucleo dell’edificio corrisponderebbe pressoché alla zona presbiteriale, risalente al V-VI secolo d.C., così come gli stessi mosaici. La chiesa conobbe una seconda importantissima fase tra X e XI secolo, periodo in cui fu realizzato un ciclo decorativo di affreschi bizantini ancora oggi visibile. In questo lasso di tempo, la Grecia ed il Salento ebbero intensi rapporti di tipo economico, commerciale ma anche culturale di cui protagonisti furono, tra gli altri, i monaci e gli esponenti del clero italo-greco. La chiesa di Santa Maria della Croce si presenta quindi come un’importante opera palinsesto in quanto conserva, al suo interno, affreschi che coprono un periodo di tempo che va dal X al XVII secolo.

 

MOSAICI
L’elemento di maggiore attrazione del sacro edificio è la decorazione musiva, oggi sopravvissuta solo nell’area presbiteriale ovvero nella cupola e nella volta absidale. Sulla parete di fondo si intravedono alcuni tasselli musivi a comporre un nimbo rosso, forse appartenente ad una Madonna con Bambino, mentre sulla volta a botte compaiono due riquadri rettangolari con complessi intrecci geometrici, contenenti al loro interno motivi figurali zoomorfi e fitomorfi; il tutto è racchiuso da una serie di cornici con motivi a meandro, perle preziose, parallelepipedi in scorcio ecc. La cupola è dominata da una croce dorata contornata da stelle; più in basso diversi tralci ed altri elementi vegetali, mentre nei pennacchi della cupola compare un elemento che ricorda una medusa o un pino marittimo, tranne in uno di essi dove è posta la foglia d’edera.

 

ARCHITETTURA
La chiesa ha una superficie di trecento metri quadrati ed è orientata verso est. Sull’impianto originario permangono ancora dei dubbi. L’edificio attualmente si presenta con schema basilicale a tre navate ed abside poligonale. In origine il pavimento era costituito da un mosaico, infatti se ne conserva un piccolo frammento rinvenuto durante i lavori di restauro degli anno ‘70 ed attualmente esposto nella navata nord della chiesa. Nello stato attuale l’edificio si presenta molto rimaneggiato da interventi bassomedievali, epoca in cui la facciata fu mutata ed animata dall’aggiunta di un rosone scolpito. La costruzione è caratterizzata da un tipico campanile a vela che si innesta sull’ala meridionale del transetto. Sugli estremi del lato nord e sud della facciata sono presenti due statuine in pietra locale, molto corrose, raffiguranti S. Lucia e S. Caterina.

 

AFFRESCHI

Santa Barbara

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Santa Barbara

Data: XI sec

Santa Barbara è inserita all’interno di un pannello bicromo ed è raffigurata in posizione rigidamente frontale; denota i caratteri tipici di ieraticità e fissità dell’arte bizantina. Essendo una santa di origini nobili, appare riccamente abbigliata; in particolare colpiscono la collana di pietre preziose e gli orecchini a mezzaluna. Oltre alla ricchezza dell’abbigliamento e dei suppellettili, colpisce l’intensità dello sguardo che il frescante, dalle ottime doti artistiche, ha saputo dare alla figura. Nella zona in alto a destra del dipinto è scritto, in greco locale, il nome, o aggettivo, di questo ancora si discute, BARBAPA. Nella parte inferiore sinistra del dipinto, su fondo giallo, è presente un’iscrizione votiva, che ricorda un certo Giovanni e suoi figli, purtroppo incompleta. L’affresco inoltre risulta disseminato da iscrizioni incise talvolta mutile o difficili da decifrare; Jacob ha datato la maggior parte di queste affermando che sono state eseguite negli anni a cavallo tra il X e l’ XI secolo.

 

 

 

 

Vergine con il bambino

Vergine con bambino

Vergine con il bambino

Data:XI sec

L’immagine della Theotokos (lett. colei che genera Dio) è inquadrata da una cornice porpora all’interno di uno sfondo bicromo. Il gruppo Madre – Figlio è caratterizzato da una rigorosa e immobile frontalità e da lineamenti severi. L’iconografia della Vergine può essere associata a quella della Madonna Kyriotissa, la quale fa esplicito riferimento al dogma dell’incarnazione, in cui il Figlio è presentato al mondo. Questo schema in cui il Bambino, invece di appoggiarsi al braccio della Madre, si regge empiricamente da solo, seduto e con il volto in asse con quello della Vergine, è sicuramente di origine costantinopolitana. Sull’ immagine della Theotokos compaiono diverse iscrizioni, purtroppo in parte incomplete. In particolare ve n’è una- composta di 15 righi e situata nella parte sinistra della santa- interessante perché ci riporta, anche se in maniera incompleta, la data di consacrazione della chiesa e il nome del vescovo che la consacrò . La notizia incisa dal prete Acindino non dovrebbe essere, secondo Jacob, molto più recente dell’affresco stesso e, essendo noti gli anni delle indizioni, colloca la sua datazione tra il 988 e il 1033 d. C.

 

 

Martirio Santa Caterina d’Alessandria

Martirio Santa Caterina D'Alessandria

Martirio Santa Caterina D’Alessandria

Il ciclo, purtroppo frammentario, narra gli episodi della vita e del martirio della santa, la quale visse durante il regno di Marco Aurelio Massenzio, quest’ultimo governatore dell’Africa e dell’Italia per un breve periodo che va dal 306 al 312 d. Le scene sono scandite sull’innesto della volta a botte della navata centrale, a sinistra. La storia si compone di tredici scene, inserite all’interno di riquadri di varie dimensioni. I personaggi principali sono facilmente identificabili grazie al nome, scritto in latino, accanto a ciascuno. Attira l’attenzione all’interno del ciclo, l’episodio della “disputa con i sapienti”, citato nella Passio, i quali cercarono invano di confutare le argomentazioni della santa circa la veridicità della religione cristiana; la santa di fatto riuscì a convertire i sapienti al cristianesimo, motivo per cui gli stessi furono decapitati. Per quanto riguarda lo stile si può certamente dire che l’elemento principale è il disegno: le figure sono caratterizzate da una linea ferma e netta che ne definisce i contorni, i colori sono uniformi e poco sfumati. In particolare, non poggiano mai i piedi su un piano definito ma sono sempre raffigurate “a mezz’aria”. Dall’esame stilistico si deduce la datazione che va dagli anni cinquanta agli anni sessanta del 1200, in piena temperie artistica tardo sveva.

 

Martirio di Santa Margherita d’Antiochia

I dipinti, posti sulla porzione destra della volta a botte della navata centrale, narrano la storia di Santa Margherita (Marina nella “passio” greca) la quale nacque nel 275 ad Antiochia di Pisidia, in Asia Minore. Al contrario del ciclo cateriniano, le scene di santa Margherita vanno letto da sinistra verso destra, ovvero dall’abside verso il fondo dell’edificio, passando dal registro superiore a quello inferiore. Tra le tante colpisce la scena della tentazione del demonio; la leggenda infatti narra che la santa pregò Dio che le venisse mostrato il nemico contro cui stava combattendo ed ecco che le apparve un drago, simbolo del malefico; la leggenda vuole inoltre che il drago inghiottisse Margherita la quale riuscì ad uscire dal suo ventre utilizzando la croce del martirio come spada. L’artista ci ha lasciato degli interessanti spunti naturalistici, in alcuni casi resi in maniera molto dettagliata; in particolare la palma raffigurata nella scena pastorale, dipinta in modo realistico, con i datteri che pendono dal fusto. Anche qui il pittore ha realizzato false architetture, palazzi, mura bugnate, torri merlate, le quali hanno la doppia funzione di separare tra loro le scene e di proiettare l’episodio dall’esterno all’interno di un ambiente. L’affresco si colloca nella seconda metà del XIII sec.

 

San Nicola e San Demetrio

Sulla parete settentrionale dell’abside sono presenti due figure iconiche: sulla sinistra un vescovo, San Nicola di Myra. Quest’ultimo è affiancato da un’iscrizione votiva in lingua greca, dipinta su fondo giallo con lettere di colore marrone inserite in una cornice dello stesso colore (particolare foto); il testo, il quale risulta ben conservato, recita “Ricordati, Signore, del tuo servo Giorgio e dei suoi figli. Amen”. La figura di destra sarebbe identificabile con San Demetrio di Tessalonica, sotto la cui protezione si pone il donatore del quale porta lo stesso nome. Anche in questo caso compare un’iscrizione, purtroppo mutila. Essa presenta la stessa formula votiva vista poco fa, differente è solo il nome, ovvero Demetrio al posto di Giorgio. San Demetrio di Tessalonica è un martire del IV secolo; i greci-ortodossi gli attribuiscono il titolo di Megalomartire. Egli viene rappresentato come un giovane cavaliere, sbarbato, con i capelli corti e una corona in mano, attributo del santo. Per quanto riguarda la datazione, basandosi su confronti con affreschi datati ma soprattutto sulle iscrizioni votive si può datare l’opera al X secolo.

 

Il ciclo cristologico

In origine il ciclo constava di dodici scene che si dislocavano sulle pareti della navata centrale. Attualmente sopravvivono solo quattro episodi, l’ultima cena e il bacio di Giuda sulla parete di sinistra, Le pie donne e l’Anastasis sulla destra.

La confezione iconografica dell’Ultima cena appare fortemente ancorata al linguaggio bizantino, si vedano le peculiarità della forma del tavolo a sigma, il parapetasma (tenda attorcigliata al bastone) che fa da sfondo alla cena, la disposizione del Cristo all’estrema sinistra del tavolo.

Nel Bacio di Giuda interessante appare l’analisi dell’aspetto dei soldati, ritratti con baffi, armatura ed elmo di tipo orientale; le lunghe lance che si stagliano verso l’alto seguono direzioni differenti, dando così dinamicità alla scena. Sulla parete opposta segue l’episodio delle Pie Donne, fortemente usurato, e quello dell’Anastasis, ovvero la discesa di Cristo negli Inferi per salvare Adamo.

 

Deesis

Deesis

Deesis

Il termine Deesis (dal greco “supplica”, “intercessione”) indica la raffigurazione di Maria e Giovanni Battista che intercedono ai lati del Cristo Giudice. Si tratta di un tipo iconografico di origine orientale. La scena si articola, insolitamente, in quattro personaggi: al centro della composizione siede il Cristo in atto benedicente con il libro in mano, a sinistra la Vergine mentre sulla destra è presente una figura nimbata identificata con San Giovanni Evangelista anziché San Giovanni Battista, come vorrebbe la tradizione iconografica più diffusa. All’estrema destra compare una santa non identificata che concorre a squilibrare il dictus ternario. Le cattive condizioni in cui versa la parte destra dell’affresco non ci permette di identificare la santa di cui non si conserva il nome. Potrebbe trattarsi di Santa Margherita (che è la Santa Marina bizantina) o di Santa Caterina. L’affresco è databile seconda metà del XIII secolo.

 

Madonna di Casaranello

L’affresco era posto sull’altare maggiore mentre attualmente è collocato nella navata destra. La Vergine offre al Bambino un fiore ed è caratterizzata da un atteggiamento tenero e affettuoso. In basso a sinistra si intravede- l’affresco appare caratterizzato da ridipinture che rendono difficile la lettura- il volto di un uomo, probabilmente il committente dell’opera.